Francamente in pochi in casa Valpellice se lo sarebbero aspettato: prestazioni un po’ altalenanti; nuovi sistemi di gioco da interiorizzare, dopo che Tom Barrasso aveva sostituito Pat Curcio; scarsa capacità realizzativa soprattutto da parte dei giocatori da cui ci si aspettava di più. La “missione Coppa Italia” prevedeva di incontrare la prima e poi eventualmente la seconda (che giocava in casa) fra le forze del Campionato (le otto squadre superstiti di questa striminzita serie A), e la Valpe si presentava come sesta in classifica. Che era quinta, allorché le prime quattro avevano proceduto al draft per i quarti di finale di Coppa.
Ma nell’andata-ritorno contro il Fassa (con la formula piuttosto aliena rispetto all’hockey, i goal che contano doppio in trasferta in caso di parità) forse è cambiato qualcosa soprattutto nella convinzione delle proprie potenzialità, che sono più elevate di quanto non dica la classifica. L’arrivo di Barrasso, con tutto il peso della sua carriera, ha portato visibilmente una maggior tranquillità al goalie Madolora – oltre il 91% di parate in semifinale e oltre 96% nella finale. Già dotato, Shane ha acquisito sicurezza e anche una certa «cattiveria» che gli ha portato qualche penalità: serve anche questo, e serve anche a caricare i compagni. Il coach ha un’esperienza agonistica che, prima degli schemi di gioco, porta motivazioni, giusta aggressività di fronte alle partite secche e decisive, e si è visto. Aggressività, comunque, che fa tutt’uno con la capacità di concentrazione e di evitare quelle pause (soprattutto difensive) che a volte hanno determinato prestazioni deludenti in campionato.
In Final Four, altra musica. Ottimo gioco in zona neutra, ottima tenuta fisica; l’esperienza di Andy Canzanello, alla bisogna spostato dalla difesa all’ala, ha portato calma, ma anche peso e ruvidezze quando necessario. Intanto anche Davide Nicoletti, giunto in novembre dopo un anno di vana attesa la scorsa stagione, ha portato non ancora il dinamismo che servirà più avanti e che ora non può avere, ma tiri insidiosissimi, sempre costruiti per essere deviati, e, sottoporta, tutto il suo centinaio di kg.: intorno al portiere, serve eccome.
Ma Tom Barrasso ha avuto anche l’accortezza di non accantonare il lavoro fatto a inizio stagione da Pat Curcio. Ha proseguito con l’utilizzo dei giovani (gli mancava alle final four di Brunico Cordin, ai mondiali under 20 con il backup Armand Pilon), ma le quattro linee si sono viste per lunghi tratti, come peraltro ha fatto anche il Val Pusteria. Continua a essere praticato il cycling dietro porta, sostenuto in avvio di campionato soprattutto da Mondon-Nicolao-Canale e ora esteso anche ad altre linee. Il tecnico ha valorizzato appieno, poi, la capacità di adattamento dello «zar» Petrov, davvero un lavoratore come pochi, a disposizione di qualunque linea lo veda impegnato, sempre a fare spola centrale, grande negli ingaggi e in fase difensiva, inarrestabile al centro dello slot quando sia ben servito da dietro porta.
In semifinale Renon 3, Valpellice 4. La finale si è giocata sulle trame di cui sopra, con il pareggio venuto da un altro terzino capace di giocare ala: la prima linea ha fiaccato le velleità dei competitori pusteresi, il commento televisivo (gradito ritorno della Valpe, a cui la diretta di Coppa Italia porta più che bene) ha giustamente messo in luce la capacità di effettuare passaggi puliti da un difensore all’altro, senza rischi: anche questo, un passo avanti che denota serenità, considerando che mancava un difensore ragionatore come Signoretti. In finale Valpusteria 1, Valpellice 3.
La Coppa Italia vinta nel gennaio 2013 non fu un episodio: fu il preludio a una fine stagione esaltante, con la finale scudetto persa contro Asiago 0-4; la superiorità dei veneti c’era, sì, ma non in questi termini: siccome il campionato vero comincia tra Natale e Capodanno, c’è da pensare che la seconda vittoria in Coppa preluda a una bella risalita e alla possibilità di giocarsela fino all’ultimo. Avanti così Valpe.