Mondiali 2012: dal trionfo della Russia alla debacle dell’Italia

La Russia di Yevgeni Malkin (vedi foto copertina) e non solo incoronata campione del mondo mentre l’Italia è tornata, direi piuttosto mestamente, in prima divisione. Dalla forse, per certi versi inaspettata, vittoria maturata a Budapest lo scorso anno, al mondiale scandinavo in Top Division per tornare nel 2013 nuovamente in terra magiara, con una nuova formula visto che i posti in palio per la Top Division saranno due e che gli avversari si chiameranno Corea del Sud, Giappone, Gran Bretagna, Kazakistan e Ungheria.
Se guardiamo le statistiche finali del torneo scandinavo, c’è da che riflettere: Italia ultima nello scoring efficiency (solo 6 reti segnate peraltro in solo due delle sette partite disputate) e nel power play, 12° posto nel penalty killing, 13° posto nel goalkeeping, 10° per penalità.

Si spera che questa retrocessione insegni finalmente ad affrontare un declino che appare inarrestabile, si faceva anche fatica a guardare l’Italia giocare, spiace dirlo ma è così. Se fino a qualche anno fa gli azzurri se la giocavano alla pari con nazioni tipo Germania, Svizzera, Francia, Danimarca, Norvegia, oggi non è più così.
Non si può pensare di fare solo bella figura, di affrontare i "mostri sacri" dell’hockey mondiale pensando di giocare come si gioca nel nostro campionato. Il livello del nostro torneo è rimasto immobile da anni, non ci si è abituati a giocare con la fermezza delle conduzioni arbitrali come negli
altri paesi (e quante volte lo si è scritto…) che privilegia un gioco più veloce che gli azzurri hanno visibilmente patito. Abbiamo un numero troppo elevato di transfer card fra cui molti giocatori oriundi che non portano, salvo qualche eccezione, quel valore aggiunto che s’attendeva.
Torna alla mente una partita giocata contro la Svizzera qualche anno fa dove siamo stati letteralmente surclassati dal punto di vista tecnico e di gioco e con qualche giocatore che ancora affermava che si era giocato bene, affermazioni che mi fecero letteralmente rizzare i capelli in testa.
Ecco il punto, non ammettere i propri limiti.
I tempi sono cambiati e probabilmente è giunto anche il momento di fare una riflessione sullo staff azzurro. Avere un allenatore che è venuto qui sono per poche settimane all’anno è stata una scelta non soddisfacente come errate, almeno in parte, sono state le indicazioni che evidentemente gli sono state date. Errate sono state pure alcune convocazioni, diciamo un po’ "forzate", ma questo è sotto gli occhi di tutti. Anche la scelta di un allenatore di club che possa avere il doppio incarico appare una soluzione, ma si convochi in azzurro solo chi ha dimostrato nel campionato di avere i numeri giusti.

Vale la pena forse ricordare che l’Austria ha vinto il campionato di prima divisione quest’anno con una squadra composta esclusivamente da giocatori austriaci, magari pensarci sopra non sarebbe una cattiva idea.
Nondimeno appare urgente affrontare il tema dei transfer card in campionato ed il tema della lunghezza del campionato. Circa il primo aspetto, paiono profetiche le parole di Adolf Insam un paio di anni fa quando riteneva che con 2, 3 transfer in meno il livello potrebbe essere mantenuto ma i giovani avrebbero maggiori possibilità di giocare. Sulla lunghezza del torneo, doppia andata e ritorno, qualificazione e best-of-seven sono semplicemente esagerate, magari basterebbe anche  il classico girone di andata e ritorno e play-off con la formula best-of-five. Ma pure un torneo oltreconfine contribuirebbe ad ampliare gli orizzonti tecnici e pure l’interesse del pubblico, ma si sa che questo era ed è tuttora un tema piuttosto controverso.
Nella prossima stagione c’è di mezzo la qualificazione olimpica in Germania dal 7 al 10 febbraio 2013 con i padroni di casa, Austria, Italia e la vincitrice del terzo gruppo di prequalificazione, poi il torneo di prima divisione inizia tre settimane prima della Top Division. Si dedicherà quindi un po’ più di spazio alla nazionale? Lo si spera ma cercando di risolvere quanto prima i dilemmi e le problematiche di cui sopra.

Infine una piccola annotazione sulla copertura televisiva. La Rai, bisognerebbe dire inspiegabilmente, non ha acquisito i diritti per il mondiale e ciò appare davvero singolare qualsivoglia possa esserne la ragione, anche se ciò che succede da anni in viale Mazzini e a Saxa Rubra va ormai al di fuori di qualsiasi logica degna di una televisione pubblica nazionale. Circa l’impegno di SportItalia, diciamo che si poteva far di più. Commentare da studio è certamente più difficile che essere sul posto, cercare di addolcire le pillole amare del mondiale è pure comprensibile, un po’ meno le costanti ripetizioni di commento e il non aver fatto un po’ più di telecronaca di quello che succedeva sul ghiaccio. Ma il quesito rimane: perché RaiSport ha dato forfait?

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