La provincia è la miniera dello sport italiano. Avrebbe potuto essere questo uno dei sottotitoli di questo nostro reportage sulle prospettive dell’hockey ghiaccio in Italia.
Invece è solo una premessa, un punto di partenza dal momento che numeri alla mano del totale degli atleti partecipanti alle ultime olimpiadi estive di Pechino 2008 più della metà provengono dalla cosiddetta provincia italiana (Trieste, Bolzano, Bergamo, Padova Venezia, Treviso, Lecco, Livorno, Brescia, Caserta, Catania, Latina, Pisa, Ravenna, Savona e Trento considerando le sole realtà che hanno avuto la presenza di almeno cinque atleti), mentre poco più del 40% risulta in rappresentanza delle aree metropolitane assoggettate alle città di Roma, Milano, Napoli, Genova, Torino, Firenze e Bologna.
Quanto sopra riporta alla stretta attualità che in Italia fare sport in provincia rispetto alle grandi città risulta per certi versi più semplice e porta a buoni risultati ed ecco allora sorgere spontanea la richiesta di investimento di strutture adibite allo sport del ghiaccio nell’ambito della fascia pedemontana del Nord Italia, quella in pratica rappresentata dalla Pianura Padana, ma non solo.
Da coprire e riempire di palaghiacci dirà qualcuno, dalle Venezie Giulie al Piemonte, con il coinvogimento di capoluoghi di provincia, come Trieste, Padova, Verona, Bologna, Brescia, Novara, Alessandria e perchè no anche Genova o Savona.
Ma siamo proprio sicuri che il problema hockey in Italia sia dovuto alla mancanza di palaghiacci e di piste, e non di altro, che da canto nostro verrà indicato con il termine "quantità", comun denominatore delle due tappe di questo nostro viaggio-reportage?
A livello di dati ufficiali forniti dalla IIHF l’Italia è all’11.esimo posto al mondo per numero di impianti del ghiaccio coperti tra palaghiacci e semplici piste coperte, con ben 55 indoor rinks e 21 outdoor rinks. Si avete capite bene, undicesima nazione al mondo.
Davanti a noi oltre alle inarrivabili Canada, Stati Uniti, Svezia, Finlandia, Russia, Germania, Cekia e Svizzera anche la Francia ed il Giappone; dietro a noi tutte le restanti federazioni appartenenti alla IIHF, incluse sei nazioni che come l’Italia fanno parte della Top Division (Slovacchia, Norvegia, Danimarca, Lettonia, Bielorussia e Kazakhstan) e quelle con le quali normalmente ci affrontiamo nelle diverse edizioni dell’Euro Ice Hockey Challenge o o nei campionati del mondo di Prima Divisione (Gran Bretagna, Austria, Olanda, Polonia, Ungheria e Slovenia) disputati in questi anni.
Per la cronaca e sempre con i numeri IIHF alla mano, l’Italia dell’hockey su ghiaccio conta altresì 7’075 giocatori, dei quali 2’437 senior (2’054 uomini e 383 donne) e 4’638 juniores, 173 arbitri ed occupa nel ranking mondiale la posizione numero 14 tra gli uomini e 15 tra le donne.
Totale di numero di atleti che permette alle sole Slovacchia ed Austria, dietro a noi nella classifica di impianti, di risuperarci sia a livello senior che juniores, mentre tutte le altre nazioni ci restano sempre in scia.
Riportato questo ci viene spontaneo scrivere che prima di dire che in Italia ci vogliono più piste (e senza citare il detto lapalissiano che "è sempre meglio abbondare che deficere"), sarebbe opportuno arrivare a sfruttare in pieno ed al meglio quelle esistenti.
Poi una volta esaurita la richiesta tra domanda ed offerta, si potrà puntare alla programmazione seria e mirata, alla messa in atto di una politica che punti alla quantità. Si a quel termine quantità che direbbe di investire principalmente nelle città di provincia medie e piccole, senza far si però che a vincere non sia nè il provincialismo nè il dilettantismo.
Perchè il troppo stroppia ovunque e perchè non si può comunque prescindere dalla presenza di palaghiacci anche nelle grandi città, che storicamente portano ad un maggiore interesse in termini di richiamo per visibilità, media e sponsor.
Dicevamo però dell’investimento sulla provincia, senza dimenticarsi di quelle piazze dove l’hockey è pressochè sparito come Aosta, Bressanone (per di più ex centro federale), Courmayuer e Zoldo, mai decollato come Bologna, Belluno, Ferrara e Roma o ridotto ai minimi termini come le tre piazze lombarde di Lecco, Como e Varese.
Investimenti viceversa fatti già altrove, con Trento quasi pronta all’ingresso in Serie "A2", Udine a ricevere le Aquile in "A1" e piazze come Bergamo a presentarsi sul palcoscenico nazionale.
Con raziocinio ed intelligenza diremmo noi, evitando di trovare bandi per la "progettazione di riconversione dell’attuale palazzetto del ghiaccio di Ayas in provincia di Aosta in un centro benessere ricreativo" e quelli per la realizzazione di un nuovo palazzo del ghiaccio in quel di Roana quando nell’altopiano dei sette comuni vicentini è già presente a due passi, quello di Asiago.
Il tutto sperando quanto prima di andare un giorno all’inaugurazione di un palazzo del ghiaccio anche in Liguria e Toscana, regioni che ad oggi non contano alcun tipo di struttura nè coperta nè tantomeno scoperta per l’attività sul ghiaccio ….. fine prima parte / continua ……
In allegato: palazzi e piste ghiaccio in Italia (fonte Fisg) – numero atleti per nazioni (Fonte IIHF)